Oggi parleremo del nostro mestiere, il falegname. Questo è un mestiere nobile e antichissimo, una delle professioni più arcaiche dell’uomo, proprio perché la materia prima principale, il legno, è sempre stato a disposizioni, sin dalla notte dei tempi. Mentre oggi l’ utilizzo del legno è declinato su aspetti quali la bellezza, il design e le performance, nel passato questo materiale è stato lavorato per la sopravvivenza: arnesi, armi, ripari sicuri, utensili, barche. Ruote e ponti.
Il falegname più celebre nella storia è di sicuro San Giuseppe e questo è sufficiente per far capire il ruolo sociale e storico che la falegnameria ha avuto nel mondo e soprattutto in Italia. Sembrerebbe che tre le due guerre, in Italia, ci fosse almeno un falegname per famiglia.
Da sempre, il mestiere del falegname e dell’artigiano in generale è stato appannaggio del sesso maschile perché ritenuto “pesante” e poco adatto al gentil sesso. Oggi invece, sempre più donne fanno lavori da “machi”, fabbre, camioniste, idrauliche, falegname, sono in netto aumento.
I dati ci dicono che in Italia sono oltre 300 i falegnami donne, l’1,6% del totale ed ogni 22 nuovi falegnami iscritti in Italia nel 2010, 1 è donna.
Ci fa piacere raccontarvi la storia di Maria, 21 anni, falegname per eredità falegname.
Nel 2017 deve fare una scelta, o impegnarsi maggiormente nello studio (Maria frequentava il 4° anno delle superiori) che non stava andando proprio bene oppure entrare nel mondo del lavoro. La ragazza fa una scelta poco convenzionale per una giovane donna: decide di buttarsi anima e corpo nell’attività di famiglia, di dedicarsi alla realizzazione di mobili ed infissi insieme al padre.
Per Maria Caprara Martini il profumo del legno era una seduzione, l’odore della vernice una calamita, sin da quando aveva 4 o 5 anni e voleva entrare in laboratorio ad aiutare il padre che, ovviamente, non glielo permetteva. La voglia di modellare il legno, di trasformare un materiale grezzo in qualcosa di unico ce l’aveva sempre in testa.
Inizia a lavorare con suo padre, purtroppo però per troppo poco tempo, solo 8 mesi. Papà Claudio lascia questa terra di punto in bianco, una domenica mattina. “Mi sembra ieri. – dice-. Era bravo, pignolo. Mentre era all’opera non parlava, non mi spiegava niente. Quando armeggiava con gli attrezzi sbirciando i fogli con schizzi e numeri, era inutile far domande. Adesso che al suo posto ci sono io capisco. Ho bisogno di molta concentrazione”.
La partenza non è stata facile ma ha sperimentato con mamma che l’affianca nei lavori più pesanti la solidarietà concreta di tante persone: “Se devo essere arrabbiata con qualcuno lo sono con mio padre, che se ne è andato senza insegnarmi tutto quello che sapeva». E per il futuro? «Ho paura del futuro, perché non so se riuscirò a mantenere vivo questo sogno, però finora ho respirato la bellezza della vita”.